Racconti di volo e dintorni

 
Il "Biposto Interattivo"

Come rendere difficoltosa una cosa semplice...


Si tratta della cronaca fedele di un volo in biposto in cui il passeggero ha utilizzato risorse non richieste con la finalità di condire l'azione con l'aggiunta di sapori sconosciuti alla tradizione.
In altre parole "come rendere difficoltosa una cosa semplice".
E' risaputo che il passeggero inconsapevole esprime unicamente passività in ogni fase del volo, eppure ecco come la norma può essere violata. In questa luminosa e bella mattinata di Domenica la vela è pronta sul manto erboso del decollo ad Alpe Giumello. In basso la Val Sassina e una brezza decisa sul pendio. Vittorio, il passeggero, gironzola nervosamente su e giù guardando verso il basso e poi si avvicina a me con una domanda in forma sintetica ma assolutamente precisa: "Ma noi ci dobbiamo buttare lì sotto"? La maggior parte delle persone utilizzano il verbo buttare per indicare l'azione che dà origine al volo, ma vi assicuro che non è così: la spazzatura si butta, il parapendio decolla.

La mia risposta sarà altrettanto sintetica: - Sì, è ovvio.

E lui: - Come ovvio, sarai mica matto?

Gli spiego meglio la dinamica del decollo e Vittorio comprende che non si tratterà di cadere nel vuoto, ma semplicemente staccare i piedi da terra. Sì, lo comprende ma stenta a crederci, almeno a giudicare dalla sua espressione. Durante i preparativi Vittorio ritiene utile poggiare il suo casco sul pendio con la superficie sferica per non impolverarne l'imbottitura interna. L'ho definito il suo casco non per determinarne la proprietà, ma unicamente per il fatto che ne sarà l'utilizzatore occasionale durante il volo. Dal canto suo il casco non aspettava altro per potersi sbizzarrire in una folle discesa a rimbalzoni fino a fondo valle dove, sappiatelo, è rimasto per poter poi significare allegoria e curiosità fra i valligiani del luogo.

Facciamo amicizia con l'aria, impariamo a conoscerla e a farne parte, impariamo a capire che l'aria non offende e non fa del male a nessuno.

Torno alla macchina a prendere il secondo casco e lo porgo a Vittorio guardandolo fisso negli occhi, ma senza dire nulla e lui annuisce sorridendo. Sorrido anch'io, ma a denti stretti!
Siamo pronti e si parte. Lui inizia una corsa forsennata sul posto, ma non mostra la minima intenzione di avanzare di un solo centimetro. Con la vela sulle nostre teste decido subito di spingerlo in avanti e lui, opponendomi una resistenza di ben maggiore intensità: "Non mi spingere sennò vado avanti".

La vela, perplessa e indignata, ricade in stallo sull'erba. Gli spiego nuovamente e più pazientemente il da farsi e spendo qualche minuto in più per rassicurarlo.

Siamo di nuovo pronti e si va! Vittorio, questa volta, inizia una corsa forsennata in avanti come lo scatto di un centometrista. Mi strattona violentemente in avanti facendomi perdere l'equilibrio e cado. La vela mi guarda sgomenta e mi sussurra: "Oggi da qui non ne veniamo fuori".

A quel punto penso di essere stato troppo convincente, ma al terzo tentativo in qualche maniera Vittorio scopre che la virtù è nel mezzo e fa le cose giuste; siamo finalmente fuori da quella prima "trappola".

Lo scenario in volo è davvero bello e dominiamo tutta la valle con un dislivello di oltre 1300 metri. Dopo alcuni minuti di assuefazione la voce di Vittorio irrompe nuovamente con una serie di considerazioni, domande, confidenze e racconti che, evidentemente, saranno utili per ridurre l'impatto emotivo di quella esperienza del tutto nuova.

Esaurita la forte carica emotiva dei primi minuti la cosa lo affascina, gli piace e giunge perfino a prendere confidenza con la selletta, anche troppo. Qui scatta la seconda "trappola", come dire: "volevo vedere se eri attento".

E' come andare in altalena, dice lui, e subito inizia a muovere le gambe in avanti e indietro proprio come si farebbe su un altalena. La vela, che per sua natura non ha mai rifiutato di assecondare certe richieste, si è anch'essa disposta volentieri al gioco che sarebbe anche stato divertente se non fossimo stati a una quarantina di metri dal costone. Lo fermo subito e lo invito con serenità lievemente distorta a non prendere altre iniziative del genere per il resto del volo. Compiamo ampi giri mantenendo la stessa quota per una ventina di minuti e lui esaurisce gli scatti della sua fotocamera, quasi tutti rigorosamente contro luce. Il mio pensiero e la mia preoccupazione durante il volo riguardavano ormai i suoi imprevisti comportamenti. Dopo quasi quaranta minuti stabilisco che è arrivato il momento di fermare la giostra e così, fra una dissertazione e l'altra (mi ha raccontato del suo lavoro, i suoi capi, sua moglie all'estero e del suo gatto) mi avvio al circuito. Proprio con la curiosità di un gatto le sue mani andavano ad ispezionare tutto quanto vedesse intorno a sé: gli attacchi, le bretelle, i distanziali, i moschettoni ecc.

Io - Per favore, togli le mani da lì, tienile davanti e non ti aggrappare a nulla. Lui - Sì, scusa, è che volevo rendermi conto.

Io - Adesso esci dalla selletta che ci prepariamo ad atterrare.

Lui esce dalla seduta, si sente appeso per i cosciali e subito stabilisce che, essendo una posizione meno comoda della precedente, è meglio rientrare e sedersi nuovamente (come poi mi spiegherà a terra).

Io - No, non devi stare seduto, esci di nuovo e resta in piedi.

Lui - Sì, sì ho capito!

Esce nuovamente ma, confidando in un attimo di distrazione da parte mia, si ritrae e si riaccomoda seduto.

Ormai restava una sola virata da compiere e poi si trattava solo di stabilizzare la vela per il lungo finale e l'atterraggio. Eccoci di fronte ad un bell'esempio di "problem solving": intervengo subito e lo tiro fuori io di forza estraendogli la selletta da sotto o lascio tutto com'è e mi preparo adeguatamente al cappottamento? Decido di lasciare tutto com'è per mancanza di spazio e di tempo e mi concentro sulla traiettoria degli ultimi metri.

Ma Vittorio è un irriducibile decisionista ed è qui che escogita e mette in atto "il trappolone". Proprio negli ultimi metri, notando quello che per lui era l'avvicinarsi minaccioso del manto erboso, si aggrappa vigorosamente e istintivamente al distanziale per sollevarsi (con tutte e due le mani su quello di destra) - il vero problema consiste nel fatto che lo fa solo con la destra e anche questa volta la vela asseconda! La traiettoria è cambiata e non c'è più tempo per suggerimenti o spiegazioni, mi rimane ben poco spazio per contrastare e stallare.

Risultato: lui placidamente accomodato sull'erba in poltrona, io aggrovigliato fra i cordini alla sua sinistra disteso su un fianco.

Lui, divertito e sorridente - Dai ti aiuto io a ripiegare, basta che mi dici come si fa.

Io - Vittorio, per favore, tieni giù le mani da qualsiasi cosa non sia nelle tue tasche!

Il suo commento al volo è stato: bellissimo, veramente esaltante, ma questi attrezzi non si potrebbe farli piò rigidi? Mi sembra che siano un po' troppo in balia di chi ci sta sotto…
Forse voleva dire che il mezzo era stato splendidamente maneggevole.


Alessandro Guerrini [Bronschhh]
Pilota VDS
bipostista