Gobba?.... Quale gobba?

 
O' dammuso

Si tratta dell'ultima vacanza di questo millennio, trascorsa in uno degli avamposti marittimi estremi a sud-ovest della Sicilia.

E' l'isola di Pantelleria che noi, per brevità, chiameremo Pantellera.

L'isola, prevalentemente montuosa, è d'origine vulcanica con una massiccia presenza di roccia lavica ovunque e sistematicamente battuta da forti e imprevedibili venti, a volte di maestrale, a volte di scirocco (random), intervallati da uno e/o due giorni di bonaccia.

Nei giorni di vento maestro, se entri in acqua dalla parte esposta a maestrale per uscirne te spacchi la faccia contro gli scogli, vulcanici anche loro, se invece entri in acqua dalla parte a ridosso rischi di essere sospinto al largo e di non rientrare più per niente ("Fuga da Alkatraz" mi pare un'opportuna citazione).

Le sue coste sono interamente rocciose e frastagliatissime, molto più della schiena di un dinosauro e l'incessante brontolio delle acque su di esse l'ha resa, via via nel tempo, un'isola capace di ascoltare pazientemente.

Per gli amanti della sabbia nelle scarpe, quindi in macchina, poi a casa e infine fra le lenzuola del letto dirò che non esistono spiagge e, pertanto, è inutile che ci vadano.

Le caratteristiche abitazioni dell'isola sono chiamate dammusi per un motivo che, durante la mia permanenza, non ho avuto modo di conoscere e a pensarci bene se l'avessi conosciuto me lo ricorderei.

"Dammuso" è il nome con cui s'intende specificare una costruzione in pietra di fattezza parallelepipeda, con sopra delle cupole che hanno la funzione prima di far defluire rapidamente l'acqua piovana che viene poi raccolta nelle cisterne interrate (questo deve essere il motivo per cui nessuno ha la cantina) e utilizzata come riserva, dati i lunghi periodi di siccità.

Nella parte più nuova del paese di Pantellera si notano altri dammusi a forma di condominio, ma sono tutti a ridosso della chiesa che è a forma di dammuso e si affaccia splendidamente sulle acque del porto antistante dove però i dammusi non ce li hanno potuti mettere perché c'erano già le barche.

Non ci sono dammusi a schiera.

Il fatto che potrebbero essercene ma non ci sono ci fa pensare che gli abitanti del luogo siano litigiosi.

Stranamente sull'isola non si pratica la pesca, bensì l'agricoltura per tradizione.

Si possono gustare degli ottimi capperi, ma non sfamano, squisiti peperoncini e una altrettanto squisita rucola in quantità purtroppo modesta.

Sulla moltitudine dei terreni terrazzati vengono coltivate con successo anche le uve dalle quali si produce poi il passito che i contadini, anche a detta dei locali, riescono sempre a guastare con l'eccessiva aggiunta di zuccheri.

Ci sono pochi banchi del pesce e ci viene spiegato che le acque dell'isola sono praticate dai pescherecci di Mazara del Vallo che poi rivendono parte del pescato a Pantellera.
Essendo, come si diceva, un'isola vulcanica, vi si può riscontrare tutta la gamma dei prodotti vulcanici: ci sono le terme, la sauna naturale all'interno di una grotta e il lago sulfureo dove, per la gioia di Pino, amano bagnarsi anche i quadrupedi.

Chi è Pino?

Non importa, andiamo avanti!
La temperatura al suolo nel periodo estivo è compresa fra i 38 e i 50 gradi centigradi e talvolta raggiunge anche i 55.

Alcuni sostengono che il sole di Pantellera non abbronza perché viene catturato quasi totalmente dalle rocce scure presenti ovunque, altri, ve lo assicuro, sono pronti a giurarvi che l'abbronzatura può essere eccessiva se non si adopera cautela.

E' dunque con letizia che organizziamo un'uscita in mare con tanto di barca per una immersione sulla secca presente al largo di una località chiamata Campobello.

La barca è un gozzo in legno, poco più di cinque metri, con un motore Fariman entrobordo diesel da 6 cavalli: un vero gioiellino del mare, per definizione l'imbarcazione più idonea a solcare acque marine in qualsiasi condizione (però non bisogna esagerare con la condizione).

Il proprietario, certo Tano, diminutivo di Gaetano, non l'aveva mai data a nessuno, ne era profondamente geloso ed orgoglioso al tempo stesso tanto da averla chiamata col nome della sua nipotina ed averlo dipinto a chiare lettere sullo specchio di poppa: Annalisa!!

Era stato convinto a darcela dal suo amico, quello che ci aveva affittato il dammuso dove alloggiavamo e pertanto non smetteva mai di farci grandi raccomandazioni.

Ci raccontava che lui, decisamente non più giovane, aveva avuto un infarto ed aveva il cuore malato, per questo non la usava quasi più, anche se negli ultimi tempi aveva speso diversi milioni per sistemarla e poi tenerla lì, ormeggiata nel porto.

Al termine delle trattative da ambedue le parti, delle raccomandazioni da parte sua e delle rassicurazioni da parte nostra, carichiamo le attrezzature e salpiamo sicuri e trionfanti per uscire dal porto con Tano lì fermo in piedi sulla banchina che seguitava con fare ansioso a gridare le sue raccomandazioni che nessuno di noi comprendeva per due semplici motivi:
1) le esprimeva in stretto dialetto siciliano -
2) anche avendo saputo intuirne il senso eravamo ad una distanza tale da non poter proprio più sentire la sua voce.

Era una splendida mattina, mare calmo, aria tersa e sole a volontà e per di più eravamo nel pieno della nostra vacanza.

Durante il nostro itinerare per le strade difficilmente percorribili all'interno dell'isola notiamo che ci sono più dammusi che alberi, tutti in ordine sparso sui pendii, nelle piane e tutti inesorabilmente battuti dal sole e dal vento.

Ci muoviamo su di una vettura presa a noleggio, di cui già se ne distingue a malapena il colore per via dello strato di polvere e terriccio depositatosi sulla carrozzeria.

Raggiungiamo la sommità di quella che chiamano Montagna Grande dalla quale, grazie ad un dislivello di circa novecento metri, si gode una splendida vista su buona parte dell'isola, sulle bocche vulcaniche ormai chiuse, costellate di dammusi, sui rilievi minori e sul mare dai colori affascinanti ed è lì che penso: "Ma che ne sa Lycia Colò"!!

Troppo sudato e accaldato per pensarne altre mi accingo a risalire in macchina e proseguiamo nel nostro tour passando da un posto selvaggio e climaticamente inospitale ad un altro posto selvaggio e climaticamente inospitale fino a raggiungere il Lago di Venere dove rimaniamo, inospitati dal clima come il solito, per alcune ore.

Verso sera facciamo ritorno, anche noi al nostro dammuso, per consumare il solito frugale pasto di fine giornata davanti ad un mare realmente blu con un'inconsueta palla da basket che vi ci tramonta dentro e noi, stanchi sì, ma felici, gli occhi rivolti al mare e al cielo, nelle orecchie un magico suono, forse quello che incantò Ulisse: "Miiiii".



Alessandro Guerrini [Bronschhh]
Pilota VDS