Racconti di volo  e dintorni



K 13: tre montagne di 4000 metri in 36 ore, a piedi, scendendo in parapendio
6 10 2005


[aiguille de chamonix]


La cronaca
Enrico Frigerio ed Ermanno Pedroncelli, hanno salito Gran Paradiso, Monte Bianco e Monte Rosa in 36 ore. La performance è iniziata alla mezzanotte del 31 agosto con la salita diretta da Pont Valsavaranche del Gran Paradiso (4061m). I due atleti sono saliti e scesi per i 2100 metri di dislivello in sette ore, camminando alla luce delle pile nell'oscurità assoluta di una notte senza luna, perdendo anche la traccia sui pianori morenici della montagna e raggiungendo il ghiacciaio solo in prossimità della vetta. Hanno camminato senza forzare, per risparmiare le forze per la giornata che sarebbe stata molto lunga. Alle cinque del mattino erano in vetta ed alle sette erano di ritorno a Pont. Subito dopo, si sono trasferiti a Chamonix dove, quella stessa mattina, partendo dalla Aguille du Midì alle 10.15, in cinque ore sono saliti al Monte Bianco (4806m) e dalla sua vetta, sono decollati con il parapendio per atterrare a Chamonix.


[col della brenva, si sale]


La salita alla vetta, dopo il col della Brenva, è stata molto faticosa, la quota e la stanchezza si facevano sentire, ma i due atleti hanno sempre mantenuto una perfetta lucidità mentale e per recuperare le forze effettuavano delle soste ogni venti passi. In vetta il vento era leggero da sud, viste le previsioni ed il vento dominante, l'intenzione era di volare verso l'Italia, ma sopra le valli Italiane c'era una spessa copertura di alti cumuli, l'unica soluzione era allora andare verso Chamonix decollando con vento da dietro. I due piloti avevano in dotazione una selletta da montagna Woody Valley Transalp ed un prototipo da montagna Ozone del peso di 2,5 kg, con una sup. reale di 19 mq. Il decollo in quelle condizioni è stato estremo, per mandare in portanza la vela con vento da dietro, sono stati costretti a correre molto forte giù per il ripido crinale innevato della via di salita. La stima è che, dopo lo stacco, la vela abbia acquisito una velocità di almeno 70 km/h prima di stabilizzarsi al suo angolo di planata. Ermanno Pedroncelli ha anche fallito un decollo facendo una lunga scivolata lungo il pendio e dovendo poi risalire in vetta. L'energia e la lucidità necessarie per andare in volo, erano senza dubbio ben oltre la portata di un atleta normale. La vela, un prototipo, che per il momento non verrà commercializzato, nasce come puro attrezzo alpinistico da discesa, con un'efficienza intorno ai 4,5 una velocità di trim a 1000 metri s.l.m. ampiamente superiore ai 43 km/h che con l'uso dello speed supera di gran lunga i 55 km/h. Non ostante questo attrezzo non sia esattamente concepito per il veleggiamento, la planata ha richiesto oltre 40 minuti di volo in un ambiente fantastico; l'atterraggio è stato perfetto grazie alla forte restituzione d'energia della vela ed alla sua lunga transizione in fase paracadutale.

Ma non era finita, subito dopo l'atterraggio, i due sono ritornati in Val d'Aosta a Gressoney e la mattina del primo settembre sono saliti da punta Indren alla Capanna Regina Margherita (4559 m) nel tempo quasi-record di 2 ore e 10', giungendo in cima esattamente 36 ore dopo la partenza per il Gran Paradiso. Purtroppo le condizioni non erano volabili.

L'intenzione originale era di scendere in volo da tutte le tre montagne, in modo da abbreviare i tempi e risparmiare energie. Era stato effettuato un tentativo a fine Giugno, quando avevano salito gran Paradiso e Monte rosa, ma senza poterne scendere in volo a causa del rapido peggioramento della meteo. Dopo di allora, l'instabilità di questa estate ha reso impossibile concatenare tre salite in condizioni volabili.

I due amici, con la comune passione per le sfide, si sono preparati per un anno a questo concatenamento, denominato K13, utilizzando una metodologia medica radicalmente innovativa messa a punto dal team SET (Sport Energy Training), composto dal dottor Paolo Penco e dai due sciatsuka Fedele Frigerio e Stefano Orlandi. Si tratta di una tecnica che parte dall'esperienza acquisita dal dott. Penco che, integrando in maniera studiata agopuntura, shiatsu e omeopatia, ottiene il recupero fisico di persone affette da patologie croniche o da esiti di gravi infortuni, puntando al riequilibrio energetico delle loro funzioni vitali. La stessa metodologia SET, applicata ad atleti, ha consentito loro di raggiungere un livello di preparazione fisica e d'allenamento straordinario in modo assolutamente naturale e senza fare uso di sostanze che vadano ad affaticare il fegato. Di fondamentale importanza è stata la presenza del team durante le 36 ore della performance che, nell'intervallo tra le tre salite, ha praticato ai due atleti dei trattamenti secondo la metodologia SET, che hanno consentito loro uno straordinario recupero fisico. Per la prima volta, due medicine naturali come omeopatia e shiatsu, sono state impiegate in modo integrato dimostrando di consentire grandi risultati sportivi.

Dopo la faticosissima giornata durante la quale sono saliti consecutivamente al Gran Paradiso ed al Bianco, per un totale di 3600 metri di salita e 2000 di discesa percorsi a quote tra i 2000 ed i quasi 5000 metri, c'erano dei timori che non avessero forze residue per il Monte Rosa. Invece, la mattina dopo i due atleti hanno dimostrato una freschezza d'energie straordinaria compiendo i circa 1300 metri di salita in un tempo quasi da record. Va detto che i due atleti portavano uno zaino con un'attrezzatura completa d'alta montagna oltre che i loro parapendio per il m. Bianco, ma durante gli allenamenti, senza forzare le andature, avevano gia salito altre cime in tempi prossimi ai record; tra i più significativi: Delebio-Legnone (2400 metri di dislivello) in 2h26', Monte Bianco dalla Aguille du Midì in 3h10', Gran Paradiso da Pont in 2h40', Pizzo Badile da Bagni di Masino in 2h28'


[monte bianco dall'aiguille du midi]


Il punto di vista di Ermanno: "K 13 come... khe fatica!!"
Un bel giorno dell'autunno scorso, Enrico mi propose di salire tre vette di quattromila metri in tre giorni consecutivi, per poi ridiscendere in volo. Accettai immediatamente, perché quando mi propongono qualche cosa di nuovo e intrigante, istintivamente io mi ci butto. Da lì, iniziò tutta la programmazione e la cosa più importante: l'allenamento e la preparazione fisica. Per questo, ci siamo affidati alla grande esperienza di Molinari, un noto preparatore che opera al centro della medicina dello sport di Eupilio, ed al team S.E.T. (Sport Energy Training), composto dal Dott. Paolo Penco (Omeopata), Fedele Frigerio e Stefano Orlandi (operatori Shiatsu). Grazie anche a loro, ed alla loro metodologia rivoluzionaria, l'allenamento procedeva tanto bene ed i risultati erano tanto incoraggianti che in un momento di entusiasmo eccessivo, d'accordo con Enrico, decidemmo di tentare la salita alle tre cime in due giorni. Ma, a quel punto, se in tre giorni rimaneva in ogni modo un'impresa, in due si sarebbe fatta veramente dura e per me ancora di più, perché in un brutto giorno di fine anno, mi venne un improvviso ed inaspettato blocco alla schiena a causa di un'ernia al disco! Riuscii a recuperare la forma solo a Giugno, grazie ai trattamenti shiatsu di Fedele, ed a fine agosto entrai in perfetta forma fisica, pronto per partire alla prima finestra di bel tempo.


[ermanno pedroncelli]


Partiamo da Suello Martedì 30 Agosto, Io, Enrico e Valeria, Fedele e Giorgio, alle 18 siamo a Pont Valsavaranche nel Parco del Gran Paradiso. Un breve riposo fino a mezzanotte e poi la sveglia. Mezzanotte e qualche minuto di Mercoledì 31 Agosto, si parte, non abbiamo le vele, in questo periodo le giornate si sono accorciate e l'alba arriva tardi, portandole rischieremmo di non fare in tempo per il Bianco, di conseguenza rovinare l'intero progetto. Saliamo con un'andatura tranquilla e regolare, non dobbiamo forzare, perché la giornata sarà lunga e ci aspetta il temibile monte Bianco. La notte è buia e senza Luna, ai piedi di quelle scoscese pareti rocciose le nostre pile frontali non sono sufficienti per individuare il sentiero nel lungo canalone morenico e così smarriamo la traccia; dopo esserci inventati un percorso alternativo tra pietraie e pareti granitiche, sbuchiamo sul ghiacciaio in prossimità della vetta. Alle cinque del mattino siamo in cima, è ancora buio, il tempo di abbracciare la madonnina bianca e siamo pronti per la discesa; alle sette, siamo di ritorno a Pont; giusto il tempo di cambiarci i vestiti sudati e via verso Chamonix! La Valsavaranche è tortuosa e la sua strada piena di curve strette, durante la discesa iniziano i primi sintomi di nausea per entrambi, probabilmente non è solo colpa della strada, ma è la fatica che inizia a farsi sentire, ma durante il viaggio Fedele ci pratica un massaggio e le cose iniziano a migliorare. Arriviamo a Chamonix e saliamo in Funivia all'Aiguille Du Midì, ed alle dieci e un quarto cominciamo la nostra salita al Monte Bianco. Dovremo scavalcare due cime di oltre 4000 metri: il Mont Blanc du Tacul ed il Mont Maudit, prima di puntare alla vetta. Prima di intraprendere la dura salita verso il Mont Blanc du Tacul attraversiamo un lungo deserto bianco, le gambe reagiscono bene ma sappiamo entrambi che la sofferenza sarà sul panettone finale della vetta, ad oltre 4500 metri di quota. L'ultimo tratto è un calvario, sono oltre quindici ore che siamo in giro, con più di tremila metri di dislivello in salita nelle gambe, la discesa del Gran Paradiso e dodici chili sulle spalle. Abbiamo le gambe pesanti e avanziamo a rilento, ma lo spirito non ci manca, al contrario di quanto normalmente accade ad alta quota, siamo lucidissimi e continuiamo a ripeterci: "Dai che ci siamo, manca poco"! Alle quindici e quindici siamo sul tetto d'Europa, a 4806 m. Ci abbracciamo, siamo stanchi ma ce l'abbiamo fatta! Riprendiamo fiato e ci prepariamo per il tanto sospirato volo! Il vento è debole da sud, purtroppo su quel versante (parte Italiana) è tutto coperto da nubi, e quindi involabile. Di scendere a piedi, non ci pensiamo nemmeno, non c'è altra soluzione che prepararci per un decollo verso nord con vento da dietro ed aspettare un momento di calma. Parte per primo Enrico che corre come un forsennato sul breve piano della cima del Bianco e poi giù per il ripido pendio, la vela picchia velocissima prima di andare in portanza e stabilizzarsi nel suo assetto di volo! Mi guardo dietro per controllare la mia vela, vedo la nube che sta salendo dal versante Italiano, è dietro di me velocissima. Decido di tirare ugualmente, sperando di riuscire ad anticipare la folata di vento, la vela sale benissimo ma corre anche veloce, più delle mie gambe stanche e poco ossigenate, frenate al suolo da due pesanti scarponi muniti di ramponi. Come si suol dire... ero sul ciglio del precipizio, o mi fermavo o mi buttavo, non ho avuto possibilità, non avevo la forza per fermarmi ed allora mi sono buttato! Anche la mia vela ha fatto il picchiatone, l'unica differenza è che ero a pelle d'orso, in pratica a pancia a terra che scivolavo verso valle, con i ramponi e le unghie delle mani piantati nella neve, contando ad uno ad uno i tornanti che avevo fatto poco prima in salita e che avrei dovuto bissare appena fermo. Risalendo in vetta con la vela fiocco, mi sono detto: "Ermanno, qui non siamo al Cornizzolo" in vetta mi sono seduto a riprendere fiato, e poi mi sono risistemato per il decollo. Dopo una decina di minuti di vento da dietro, ecco finalmente la "bonaccia"!

Questa volta ero a pochi passi dal ripido, un colpo di spalle deciso, la vela sopra la testa, un due, tre passi e poi il salto giù per il pendio, la picchiata e finalmente in volo! Ero un puntino colorato in un oceano di ghiaccio bianco!

Un volo emozionante, quasi irreale, unico, irripetibile!


[pedroncelli in atterraggio a chamonix]


Stavo volando dalla montagna più alta d'Europa, a 3800 m dal fondovalle e intorno a me, c'era solo il bianco d'enormi cascate di ghiaccio. Dopo una trentina di minuti di planata, sono atterrato a Chamonix, solo il tempo di complimentarci, risistemare il materiale negli zaini e poi via di nuovo per la Val D'Aosta, la giornata non era ancora finita, bisognava organizzare per la salita del giorno dopo. Alle 20 eravamo a Gressoney, quella sera, ero talmente stanco che non vedevo l'ora di sprofondare nel letto, erano più di venti ore che giravamo. Mi sono addormentato con l'ennesimo massaggio rigenerante di un pazientissimo Fedele. Giovedì mattina primo Settembre, saliamo in funivia ed alle 10.05 iniziamo a camminare da Punta Indren, le vele non le portiamo, è troppo tardi, rallenterebbero ulteriormente il nostro passo e in giro ci sono già dei bei cumuloni. Le gambe sono leggere e girano a mille, decido allora di provare ad allungare in progressione per cercare di fare anche un buon tempo; sul pianoro del colle del Lys (a quota 4100) provo a fare anche una corsa di qualche centinaio di metri per provare le gambe, Il fiato va bene, ma loro sembrano piombate. Finalmente alle 12.15 raggiungo la capanna Regina Margherita quota 4559 m (rifugio più alto d'Europa) dopo appena due ore e dieci minuti dalla partenza da Punta Indren e 36 da Pont Valsavaranche, Enrico è subito dietro, ce l'abbiamo fatta! In vetta c'è il sole e la temperatura è mite, ma nelle vallate sottostanti ci sono densissimi strati di nubi nere che minacciano pioggia, la scelta di non portare le vele era azzeccata. Pochi minuti di sosta e poi giù, una lunga scivolata sulla neve. Alle quattordici siamo di ritorno a Punta Idren, abbracciati e festeggiati dai nostri compagni d'avventura.

È stata dura, ma penso che in questi due interminabili giorni, sintesi di un intensissimo anno di sacrifici, Enrico ed io abbiamo compiuto una delle imprese più belle ed emozionanti.

Grazie a tutti!


Il punto di vista di Enrico: "K13: un anno di preparazione per il volo della vita"


[frigerio in allenamento al cornizzolo]


Che cosa ha influenzato la tua decisione di tentare il K13, la tua passione per l'alpinismo oppure quella per il volo?
Entrambi, ma prima di tutto la passione per l'alpinismo che ho fin da quando ero bambino, in questi ultimi anni sono riuscito a ricavarmi un po' di tempo libero, che ho deciso di dedicare alla montagna ma con obiettivi diversi: abbinare l'alpinismo al parapendio.


[frigerio, il secco]


L'impegno che voi avete profuso nel seguire le tabelle d'allenamento ed alimentari ha dello straordinario, tu pensi che una persona motivata possa raggiungere risultati simili ai vostri?
Certamente e anche di più, considera che non è che io sia fisicamente molto portato a fare sforzi prolungati o che sia dotato di una resistenza fisica particolare. Ho raggiunto questa forma rispettando le tabelle di Molinari, il preparatore atletico, se ci sono riuscito io, penso che possa essere alla portata di molti, basta avere la volontà di farlo.

Quanto pensi abbia influito il metodo SET, cioè omeopatia e shiatsu sul risultato?
Quantificando direi al 30%. Al 70% ci siamo arrivati per l'allenamento e l'impegno a rispettarlo rigorosamente con le relative tabelle d'alimentazione, mentre il SET ha avuto la sua importanza nell'abbreviare i tempi di recupero anche durante il concatenamento.


[il team]


Tu pensi che una vela come quella che avete impiegato durante il K13 abbia i presupposti per diventare un attrezzo da discesa come all'inizio del volo in parapendio?
Certamente, potrebbe essere un attrezzo perfetto, anche se quella che abbiamo utilizzato noi è ancora meno di un prototipo, è impegnativa ed ha bisogno di una messa punto, specie sul decollo, perché bisogna correre tanto; ma una volta messa a posto per quello che serve, potrebbe essere alla portata di tutti. Poi si sa che per decollare ad alta quota c'è il problema dell'aria rarefatta, perciò devi correre e devi essere mentalmente lucido.


[prototipo da discesa...]



[...attualmente senza nome]


Che emozioni hai tra i tuoi ricordi di questo concatenamento?
Per la parte alpinistica c'è la grande soddisfazione per lo sforzo fatto durante l'anno d'allenamento e per come il mio fisico ha reagito, in un modo che nemmeno io avrei sperato. Per la parte di volo, invece, il volo dal Bianco è emozionante, appena ho staccato i piedi da terra ed ho iniziato a guardarmi in giro, vedere la pista dalla quale eravamo saliti, vedere il ghiacciaio sotto di me che sembrava interminabile… è stata un'emozione che, ripensandoci, mi fa venire la pelle d'oca ancora adesso. È una cosa indescrivibile. Secondo me, ed anche per Ermanno, che di voli di montagna e di cross ne ha fatti tantissimi, si tratta del volo più emozionante e più bello che abbiamo mai fatto. Forse, la pensiamo così per la fatica che abbiamo fatto per conquistarcelo, ma per noi è il volo della vita.


[arriveduar]


Testo di:
Giorgio Sabbioni
pilota V.D.S.