Per volare in sicurezza




"Spirale stabile"
Parte 6
La vite conclusa
considerazioni finali

Molta came al fuoco vero? Era del resto inevitabile su un argomento che sta avendo una grande risonanza tra i praticanti, in particolare in Italia. Sì, perchè nelle altre nazioni europee se ne parla e se ne è parlato, ma è considerato un argomento marginale e non investe così in modo importante i praticanti. Vorrei però, prima di concedarci da questo Speciale, cercare di riassumere alcuni elementi emersi e fare un po' il punto della situazione, perchè forse in una vastità così ampia di dati e contributi, il rischio è che si disperdano gli elementi importanti e formativi di uno Speciale come questo. Premetto - e ci tengo in modo particolare a sottolinearlo - che non si tratta di una conclusione, e ciò per due ordini di motivi. Uno è che non abbiamo ancora esaurito l'argomento ed abbiamo ulteriori informazioni ancora da approfondire, l'altro è che allo stato attuale delle conoscenze e degli elementi raccolti sono ancora troppo e troppo grandi le lacune di conoscenza per poter considerare chiuso un argomento come questo. Vi dico sin da subito che su questo argomento intendo ritornare, offrendo altri contributi e periodicamente verificare lo stato di avanzamento delle conoscenze e delle tecniche.

Ma vediamo almeno per il momento che cosa possiamo trarre dagli elementi di conoscenza e dai diversi contributi che ci sono stati offerti. Una certezza tra tutti: oggi sul mercato ci sono numerosi mezzi omologati in classe 1 o 1-2 DHV, o comunque mezzi base o intermedi classici, che possono essere soggetti a vite neutra. Alcuni di questi mezzi possono anche soffrire, in situazioni particolari, di vite instabile. Su questo almeno tutti o quasi sono concordi. La vite neutra o quella instabile sono configurazioni aerodinamiche precise, dagli aspetti tecnici conosciuti, sui quali tutti sono concordi.
Tutti sono concordi nell'affermare che queste configurazioni si determinano ad elevati valori di rotazione o di tasso di caduta (comunque non inferiore ai -12 m/s), valori ai quali si perviene tramite una vite accentuata. Tutti sono abbastanza concordi nel dire che in quella situazione ci si puòò trovare anche involontariamente, ma perchè questo avvenga ci deve essere a monte un grossolano errore di pilotaggio, e comunque a determinate condizioni sia di carico alare che di regolazione della selletta. A questo proposito, vale la pena di sottolineare alcune teorie emerse nel corso di questo approfondimento, anche se ovviamente ancora tutte da verificare. Si tratta dei motivi che possono portare con maggiore facilità al manifestarsi del fenomeno. Si è parlato delle sellete e della loro aerodinamica, al punto che si è anche paventata la possibilità di andare a stabilire delle norme di omologazione in volo per le sellette. Con particolare riferimento alle sellete con sezioni particolarmente voluminose.
Sempre sulle sellette, è stato detto che ruolo determinante ha la regolazione. In questo caso è stato teorizzato (per la verità anche testato) che un imbrago troppo chiuso determina più facilmente la configurazione. Si è anche affermato che la regolazione minima è quella di 42 cm. Non solo, ma si è anche affermato che gli incroci sono da bandire se non si vuole andare incontro a questa configurazione. Ma il dato certo è che questa nuova problematica sui mezzi si è manifestata negli ultimi anni per effetto delle loro elevate prestazioni che, unite alla loro straordinaria maneggevolezza e stabilità elevata, in molte configurazioni hanno appunto avuto come effetto collaterale quello di cui noi oggi stiamo dibattendo.

Altro elemento cero rispetto al quale tutti sono concordi è che, in una situazione di vite neutra, l'uscita avviene in modo relativamente semplice grazie allo spostamento del peso del corpo ed eventualmente ad una trazione morbida e progressiva del freno esterno. Quanche incertezza in più si ha nelle tecniche per l'uscita da una vite instabile, per effetto delle accelerazioni in gioco e delle forze da smaltire, che non solo rendono problematica la manovra, ma sono anche difficili da eseguire per un pilota medio o addiriftura alle prime esperienze.
La tecnica paventata di intervenire in modo energico sul comando esterno inoltre, come avete potuto leggere, è messa in discussione dal fatto che le energie in gioco provocherebbero una controreazione della vela con elevate possibilità di vedere il pilota finire nella vela stessa. Dunque manovra da prendere con le dovute cautele.

Infine, avete avuto modo di leggere che esiste una vasta maggioranza degli addetti ai lavori che ritiene che questa configurazione non sia da bandire, ma da considerare come una caratteristica dei mezzi (ovviamente entro certi limiti) e del resto già presente e consolidata in altre macchine volanti. Pertanto i piloti devono essere addestrati, come capita negli altri settori aeronautici, ad affrontare questa eventualità. Materia questa per la verità molto dibattuta, proprio dagli schieramenti che si ritrovano anche nei diversi sistemi di omologazione, sui quali comunque va fatta una chiarezza di fondo che sarà uno degli argomenti del prossimo numero.

Cosa si deve fare?
Difficile dare una risposta esaustiva, ma senza retorica possiamo affermare che ciascuno deve fare la propria parte. Partendo da noi, che dobbiamo ancora di più mantenere acceso l'interesse e l'informazione su questo argomento, cercando di evitare e superare il "parlapendio" da bar per approdare nell'ambito della conoscenza e dell'approfondimento tecnico e di esperienza. Per passare ai costruttori, che sicuramente hanno il compito (ma è una priorità già emersa) di analizzare ed approfondire la tematica, cercando di trovare soluzioni tecniche che trovino il miglior compromesso ma che sicuramente vadano nella direzione di privilegiare la sicurezza anche a discapito della performance. L'ente omologatore, che deve trovare nuovi elementi da inserire per cercare di eliminare ulteriormente le possibilità che questo fenomeno si diffonda. Gli istruttori e le scuole, che devono arrivare ad un addestramento capace anche di affrontare queste problematiche ed attrezzare i futuri piloti a far fronte anche a queste situazioni, magari con corsi specifici. Le federazioni o gli enti preposti a fornire agli istruttori (come si è già cercato di fare) gli strumenti tecnici di conoscenza pratica e teorica per poter adeguare gli insegnamenti di questi nuovi aspetti tecnici. Ed infine - ma anzitutto - ai piloti tutti che, con rinnovato entusiasmo ed attenzione, devono volare i mezzi con sellette indicate dal costruttore, sia in termini di caratteristiche che di omologazioni; evitando carichi alari diversi da quelli rigorosamente indicati in sede di omologazione; evitanto le vele troppo maneggevoli se privi di un buon grado di esperienza o sensibilità; prediligendo nei primi anni di volo vele che abbiano escursione di comandi operativi il più ampia possibile. Infine evitando di effettuare viti se non necessario ed in particolare mai in bassa quota; cercando, dove possibile di seguire un corso SIV o specifico sulla vite.
Mai dimenticando un aspetto fondamentale: la vela a totale prova di imbecille non esiste e (cito una frase di Whittall apparsa proprio su questo numero) "non è il parapendio ad avere il cervello, ma il pilota!".


Dante Porta
[fonte: Delta & Parapendio]