Per volare in sicurezza





"Spirale stabile"
La vite negata
Parte 1
Cercando di comprendere la realtà

Quando ho pensato di realizzare questo approfondimento, non credevo che il fenomeno tecnico avesse preso così tanto spazio tra i praticanti. Soprattutto, la cosa che più mi ha colpito parlando sia con piloti sia con addetti ai lavori e tecnici, è stato che la dimensione di questo fenomeno ha assunto i connotati di una leggenda popolare, che per sua caratteristica intrinseca corre veloce di bocca in bocca e ad ogni passaggio viene farcita dei vissuti e delle fantasie o credenze di chi la trasmette.

Il risultato è che il prodotto finale si manifesti come qualcosa che non ha più nessun rapporto con la realtà. Un fenomeno questo, che anche sull'argomento specifico si rileva tutto italiano.
Sullo stesso argomento, infatti, all'estero ho potuto verificare un atteggiamento completamente diverso, più pragmatico ma anche più realistico.
I problemi sono presi in considerazione per quello che sono e la capacità di mantenerli legati alla realtà delle cose è l'unico strumento vero che consente di affrontarli sotto il profilo tecnico.
Del resto,chiunque di voi può facilmente fare un piccolo esperimento. Se vi informate circa un incidente accaduto nella vostra zona di volo, vedrete che le versioni sono le più variegate e pittoresche. Si va dal morto al semplice ferito, dalla vite all'emergenza e così via.
Se poi vi addentrate nel farvi raccontare l'evento, vedrete che ci sono decine di testimoni di un incidente accaduto (a detta del soggetto protagonista) in una giornata nella quale non c'era nessuno!

Certo che in una popolazione volante con queste caratteristiche, è molto difficile per colui che deve gestire i parametri statistici di sicurezza avere informazioni valide ed attendibili per lavorare nella certezza e non brancolare nel buio.

Tutto questo però diventa un fenomeno pericoloso quando nel meccanismo si fanno coinvolgere anche i tecnici e professionisti del settore che viceversa, per loro compito e formazione, dovrebbero essere capaci di scindere, analizzare ed estrapolare da tutte le chiacchiere quel fondo di concretezza che alla fine in ogni caso traspare.

Una premessa un poco lunga ma doverosa, perchè troppo ho sentito parlare a sproposito su quest'argomento e troppo allarmismo è stato fatto senza entrare nel merito del problema. Un allarmismo che, se non ha contenuti tecnici e certezze, rischia di diventare un volano per l'attivazione di una caccia alle streghe che porta lontano.
Il nodo del problema è quello della vite stabile, indifferente o instabile che dir si voglia (faremo chiarezza poco più avanti), sulla quale negli ultimi mesi dell'anno scorso (2003 n.d.r.) sono stati registrati alcuni incidenti dei quali uno con esito fatale.

I dati raccolti effettivi parlano di due incidenti (ricordiamo che per incidente intendiamo una situazione nella quale la perdita di controllo del mezzo è totale e si conclude con conseguenze per pilota e/o vela) e di cinque inconvenienti (dove la perdita del controllo è totale ma non si hanno conseguenze d'alcun genere).
Ci sono giunte anche numerose altre testimonianze, ma ad un approfondimento fatto con il pilota interessato, abbiamo verificato che si trattava di palese errata manovra da parte del pilota.
Probabilmente gli inconvenienti sono di più, vista la difficoltà enorme con la quale i piloti tendono a raccontare i propri accadimenti in volo.
Riteniamo però di poter affermare con certezza che la situazione non è certo quella di 10 morti ed alcuni feriti che la fantasia popolare fuori luogo sta ora seminando tra i piloti, gonfiando un caso che per essere correttamente affrontato deve essere riportato nella sua corretta dimensione.

E' questo che cercheremo di fare.

Un percorso il più possibile ampio ed approfondito, con il nostro ormai consolidato meccanismo di dare voce ai più e cercare di visualizzare l'argomento da 360° senza enfatizzare e senza sminuire, cercando di arrivare sempre alla fine ad aver sviscerato il più possibile.
Aver scelto questo momento per farlo non è un caso. Si tratta di una precisa volontà che va nella direzione di fare una chiarezza che ora si impone.
Anche se la problematica è nata oltre due anni fa e forse ancora oggi i confini tecnici definitivi non sono ancora certi.

Il fenomeno della vite stabile come già detto, è nato nel 2000 in Francia, o almeno è emerso in quel momento.
Nel territorio transalpino, infatti, in quell'anno si sono verificati alcuni incidenti accertati, dei quali uno con esito fatale, per piloti con vele basiche che effettuando una vite non ne erano più usciti sino al suolo.
L'esito fatale accadde addirittura in una scuola.
A seguito di quell'incidente la Commissione Sicurezza della Federazione Francese iniziò un lavoro d'analisi ed approfondimento sulla questione.
Metterò sul tavolo della discussione anche un altro dato interessante: da un paio d'anni circa, i piloti che effettuano le prove delle vele per Delta & Parapendio, sempre più mi segnalano che nelle vele basiche (DHV 1 e 1-2 per intenderci) durante la prova della vite le vele, a certi valori di tasso di caduta, al rilascio del freno interno, non riprendono il volo rettilineo neppure dopo alcuni giri.
Un fenomeno che, se prima era caratteristica solo di alcuni modelli, si è andato via via sempre più diffondendo.
Naturalmente questo è sempre avvenuto a valori importanti, in ogni caso sempre oltre i -12 m/s; non solo, ma sempre grazie all'intervento del pilota, la vela è successivamente uscita dalla configurazione.

Del resto i lettori attenti si saranno accorti che quando questo fenomeno è stato rilevato a valori abbastanza raggiungibili come quello sopra citato è un elemento che abbiamo citato nelle prove.

Questo fatto pone una nuova questione: i piloti devono assolutamente avere nel loro bagaglio tecnico anche la capacità di far fronte ad un'evenienza di questo tipo.
Non dobbiamo scandalizzarci di fronte a questo aspetto tecnico. 0 decidiamo di non fare viti, o almeno di non portarle a valori importanti, oppure dobbiamo attrezzarci per essere in grado una volta entrati in una situazione di quel tipo di poter ricondurre il mezzo nel normale inviluppo di volo.

Mentre sto parlando di questo, rivivo una situazione del tutto particolare e simile che ho avuto modo di seguire poco oltre la metà degli anni `80.
A quell'epoca le vele che si volavano avevano un disegno ed un'aerodinamica molto simile a quelle da paracadutismo. I cassoni molto grandi, la corda alare limitata, allungamento inesistente, cross-port come aeroporti facevano sì che si volasse da una cima alla valle, passando situazione aerologiche le più disparate, senza aver molto ben presente che cosa stesse accadendo nell'aria, ma restando concentrati sull'efficienza della nostra vela per poter raggiungere il punto prefissato per toccare tetra. In quel contesto anche nelle turbolenze più importanti e significative non si subivano chiusure e, quando accadevano, le cose si risolvevano in modo del tutto autonomo senza che il pilota avesse modo di rendersi conto di cosa accadeva. La tecnica era dunque embrionale e spartana. Sul mercato ad un certo punto si sono affacciate vele con caratteristiche molto diverse.
Nel giro di pochi mesi è comparsa una generazione zione di mezzi che soppiantava tutto e che faceva apparire le vele volate sino allora come una preistoria pura.

In particolare una vela ha rappresentato per eccellenza ed antonomasia quel cambiamento, quella rivoluzione.
Si chiamava Genair ed era prodotta dalla prestigiosa casa svizzera Ailes de K (dove K stava per Kalbermatten Laurent che è stato il primo a costruire deltaplani in serie ed anche parapendio in serie in contemporanea con l'italiana Paradelta).
Bene, questa vela aveva un'efficienza quasi doppia rispetto alle vele volate sino a quel momento ed una maneggevolezza sui comandi che non si conosceva, una forma aerodinamica completamente nuova e rivoluzionaria ed un allungamento con un valore numerico importante.
Volare con quel mezzo era straordinario e sembrava davvero di aver fatto un passo da gigante, di essere entrati in una nuova era del volo libero.
Le cose erano esattamente così.
Si stava davvero aprendo una nuova era.
La vela però si poneva in modo diverso sotto il profilo comportamentale nei confronti dell'aerologia. Le sue reazioni erano del tutto nuove ed i piloti non erano attrezzati ad affrontarle. L'emblema di queste problematiche era la chiusura.
Infatti, non solo la vela chiudeva (cosa inconsueta per l'epoca) ma partiva in rotazione veloce. Il risultato è stato quello che si sono verificati numerosi incidenti (anche con esito fatale) nel giro di poco.
Ovviamente si è subito creata una particolare attenzione e si è diffusa la paura del mezzo, atteggiamento che però si è dovuto modificare in breve tempo perchè tutte le vele che uscivano in quell'epoca ponevano questa nuova problematica (la chiusura) anche se in modo differenziato.
I piloti, quando si verificava la chiusura, guardavano stupiti quello che accadeva e smanettavano sui freni senza ben aver chiaro che cosa fare.
Nel giro di poco si è pero addivenuti a consolidare delle tecniche specifiche che hanno velocemente portato a qualcosa di molto simile a quello che oggi pratichiamo per contrastare e controllare una chiusura: dapprima si pompava il freno della parte chiusa per cercare di riaprire la vela, poi si è passati alla fase del contrasto per evitare la rotazione prima di aprire la vela ed infine si è arrivati alla gestione preventiva con lo spostamento delle pressioni sui comandi e del corpo.

Insomma si è andati avanti in un'evoluzione della tecnica che oggi ci permette di vivere la chiusura come una delle possibilità delle situazioni di volo e di avere tutti gli strumenti di tecnica di pilotaggio e di conoscenza per far fronte a questo evento.
Il mondo del volo aveva fatto il suo primo passo importante ed aveva sviluppato una tecnica per far fronte ad una situazione nuova, che i mezzi di nuova generazione avevano di fatto imposto.
Oggi nessuno di noi si immaginerebbe di "demonizzare" un mezzo perchè "chiude".
Ciascun pilota mette in conto che in particolari situazioni aerologiche o di manovre al di fuori del suo inviluppo di volo ordinario, il parapendio potrebbe essere sottoposto ad una chiusura. Si attrezza sotto il profilo delle conoscenze e della tecnica per essere in grado di gestirlo. Ovviamente, se con poca esperienza, cercherà di non mettersi nella condizione dove possa accadere facilmente. E' anche per questo che in una progressione ordinaria un pilota affronta dapprima condizioni deboli e progressivamente situazioni aerologiche più difficili e problematiche.
Certo non tutti i mezzi sono uguali ed alcuni sono più facilmente esposti alla chiusura di altri.
Questo ovviamente dipende molto da scelte costruttive e progettuali.

La cosa importante è che tutti poi, a seconda del livello, rispondano a particolari e specifiche caratteristiche in base ai criteri di omologazione. Naturalmente non si può fare un parallelo automatico tra quella situazione tecnica e quella attuale, ma questo fatto che ho raccontato ci aiuta però a capire alcune situazioni e soprattutto ci mette nelle condizioni di poter attingere alle strade percorse nel passato per cercare nel limite del possibile di non ripetere gli stessi errori.

Cominciamo a percorrere il viaggio che ci deve portare ad una maggiore comprensione del problema.
Partiamo da una cosa semplice ma importante: la nomenclatura.
Per farlo prendo ad esempio le indicazioni fornite dalla Commissione Sicurezza della Federazione Francese di Volo Libero (FFVL); faccio questo perchè ritengo che l'aspetto dei termini utilizzati sia l'elemento fondamentale ad una comprensione dell'argomento.
Usare tutti la stessa terminologia è fondamentale alla comprensione degli argomenti di discussione, tanto più in un ambito tecnico e delicato come questo.

• Stabilità in spirale: dopo una serie di 360° stretti, se il pilota rilascia i comandi, l'ala si rimette da sola in volo lineare, in meno di due giri
• Neutralità in spirale: dopo una serie di 360° stretti, se il pilota rilascia i comandi, l'ala continua a spiralare. E' necessario che il pilota intervenga (contrastando con il peso e con il comando, come se volesse fare una virata dalla parte opposta) per ritornare al volo lineare
• Instabilità in spirale: dopo una serie di 360° stretti, se il pilota rilascia i comandi, l'ala accelera la propria rotazione. E' necessario che il pilota intervenga molto velocemente per riportare la vela al volo lineare; deve agire per arrestare la virata, come se volesse iniziare una virata dalla parte opposta. N.B.: nel corso dell'omologazione, la vela è assettata in conformità con quanto raccomandato dal costruttore (carico alare, geometria e regolazione dell'imbrago, lunghezza dei freni a 0; il rilascio dei freni è deciso, senza esitazioni). Nel box potete leggere integralmente l'elaborato della FFVL, che affronta in modo schematico l'argomento.

Ma partiamo dall'inizio, anche per capire i meccanismi che generano la manovra: descrizione generale della spirale, come è eseguita, come si esce e quali sono le forze in gioco.

Spirale: scopo
Sicuramente la spirale è la configurazione che genera un maggior aumento del tasso di caduta del parapendio; possiamo quindi dire che è il sistema migliore per poter sfuggire ad ascendenze troppo forti.
Va però detto che la forte forza centrifuga che si crea in spirali di elevata velocità disturba il pilota, sottoponendolo a vistosi aumenti di accelerazione di gravità (G) e quindi di peso apparente, con un deciso aumento della forza occorrente a mantenere trazionato il comando che ha generato la spirale.

Spirale: esecuzione
Il sistema più semplice per portare una vela in spirale è trazionare gradualmente un solo comando rilasciando completamente l'altro. La trazione del comando deve aumentare con l'aumento della velocità di rotazione, così da innescare la spirale senza incorrere in viti negative.
Altro metodo di innesco della spirale è generare dei wingover, ovvero delle oscillazioni sull'asse di rollio (longitudinale) mediante la trazione in modo alternato dei due comandi, uno per volta, in modo tale che mentre uno è trazionato l'altro sia rilasciato; una volta cadenzate le oscillazioni, basterà mantenere trazionato un comando lasciando ben rilasciato l'altro per ottenere una rapida e sicura entrata in spirale.
Altro modo: con una trazione simmetrica dei comandi mediamente veloce avvicinarsi alla velocità di stallo e con un successivo veloce rilascio degli stessi ottenere una picchiata della vela; una volta che la vela è entrata in picchiata, si traziona un solo comando ottenendo l'innesco della spirale senza alcun pericolo di vite negativa.
Se durante l'esecuzione della spirale si rilascia (anche se momentaneamente) il comando trazionato, si esce inevitabilmente dalla configurazione, in quanto viene a mancare la forza centripeta che bilancia la forza centrifuga applicata sul pilota, indispensabile al mantenimento della rotazione.
Per poter tornare in volo lineare una volta innescata la spirale, occorrerà rilasciare lentamente il comando che l'ha generata, seguendone gradualmente lo smorzamento.
Occorrerà fare particolare attenzione nel rilascio del comando e non esagerare in velocità, per evitare una vistosa picchiata della vela.
Nel caso l'uscita dalla spirale generasse una picchiata della vela, si interverrà con una decisa trazione dei comandi per evitare la chiusura; una volta raggiunto l'apice della picchiata, si rilasceranno i comandi per non produrre uno stallo.
In alcuni casi, eseguendo spirali estremamente strette, anche con il rilascio del comando che ha generato la manovra, il parapendio non torna in volo lineare. Occorrerà a tal punto trazionare leggermente il comando opposto, per rilasciarlo poi immediatamente appena il parapendio inizierà l'uscita dalla spirale; il comando interno alla rotazione verrà nuovamente affondato e rilasciato lentamente per controllare il ritorno al volo lineare senza generare una violenta picchiata.

Spirale: errori di manovra
L'eccessivo affondo del comando e la rapidità nella trazione prima che la rotazione della vela abbia creato una sufficiente forza centrifuga, può dar luogo ad una vite negativa, essendo la semiala interna alla manovra stallata, mentre la esterna conserva un'elevata velocità. In questo caso occorrerà rilasciare immediatamente il comando per interromper la vite negativa.
Utilizzando il rollio del parapendio per l'innesco della spirale, difficoltà e possibilità d'errore sono minori, purchè non si interrompa l'esecuzione delle pendolate o si tenti l'innesco quando ancora le pendolate sono troppo poco accentuate (vite negativa per i motivi sopra descritti). Anche il precoce affondo del comando mentre la vela sta iniziando la picchiata dopo il pre-stallo volutamente ricercato fa innescare una vite negativa, a causa della velocità non sufficiente.
Per quanto riguarda il rientro dalla spirale, l'errore tipico è la volontà di uscirne in modo veloce con il rapido rilascio del comando che l'ha generata.
La vela cesserà all'improvviso di opporre la forza centripeta alla forza centrifuga del pilota, che proseguirà per inerzia nella propria traiettoria generando un arretramento della vela che entrerà in stallo.
L'uscita dalla spirale sarà rapida, ma per innescare una vistosa picchiata che richiede una decisa frenati per poter evitare la chiusura della calotta.

Spirale: aerodinamica della manovra
Con la trazione di un solo comando si ottiene il rallentamento di una semiala; si verifica la diminuzione della portanza della semiala a causa della diminuzione di velocità, che porta ad un abbassamento della semiala rallentata tanto più evidente quanto più è marcato l'affondo del comando.
La semiala non frenata - essendo più veloce - avanzerà rispetto alla semiala frenata, ottenendo una variazione di direzione.
L'abbassamento della semiala frenata ed interna alle virata farà sì che il pilota venga spinto verso l'esterno della virata; si genera una forza centrifuga che farà aumentare il peso apparente del pilota, sempre di più man mano che la virata verrà stretta, fino a portare il pilota in orizzontale rispetto alla vela. In tale situazione la vela si troverà a fungere da perno, mentre il pilota ruoterà al suo esterno (vedi figura). Il rapido rilascio del comando porterebbe la vela a riprendere il moto rettilineo, ma il pilota - che per inerzia continuerebbe la propria direzione di moto - avanzerebbe rispetto all'ala mettendola in stallo (vista la trazione dei fasci funicolari posteriori). Lo stallo della vela smorzerebbe rapidamente la tendenza del pilota a proseguire e quindi lo stesso si troverebbe a cadere in moto verticale, innescando in tal modo una decisa picchiata della vela (dato un violento trazionamento dei fasci funicolari anteriori che andrebbe a sommarsi alla tendenza della vela a una rapida presa di velocità per uscire dallo stallo).
Anche con un rilascio momentaneo o parziale del comando che ha generato la spirale si otterrebbe lo squilibrio tra forza centripeta generata dal parapendio e forza centrifuga applicata sul pilota, con consecutivo avanzamento del pilota rispetto alla vela e cabrata di quest'ultima. Il rallentamento della vela è sufficiente a far si che, anche se si ritraziona il comando, non si riesca più a generare una forza centrifuga sufficiente per continuare o riprendere la spirale.

Sin qua abbiamo visto sotto il profilo teorico e quello pratico che cosa avviene durante l'esecuzione di una spirale. Tuttavia, come abbiamo già avuto modo di dire, non sempre le cose stanno così, nel senso che non sempre durante la manovra ad un rilascio dei comandi accade quello che è previsto.

In particolare, se siamo in presenza di una vela basica o intermedia, può accadere che al rilascio del comando la vela non esca spontaneamente dalla spirale, ma rimanga nella configurazione.
In questi casi spesso capita anche che il solo spostamento del peso dei corpo da una parte non sia sufficiente ad uscire dalla configurazione. In altri casi ancora la vela addirittura accelera al rilascio del comando interno, provocando una netta accelerazione della manovra.
Tutto questo, oltre che con le testimonianze dirette, abbiamo potuto verificarlo e constatarlo nelle diverse prove che abbiamo effettuato, dalle quali risulta evidente non solo la presenza del fenomeno, ma anche la sua consistenza nel mercato.
Nella stragrande maggioranza delle vele che abbiamo provato di livello di omologazione basico ritroviamo questo comportamento; alcune vedono il verificarsi della neutralità a -12 m/s ed altre oltre, ma spesso siamo in presenza di questa caratteristica. Abbiamo ovviamente anche verificato se il fenomeno accade perchè ad esempio la regolazione della selletta o le misure di differenziale dei baricentri non sono quelle previste dall'omologazione.
Bene, possiamo affermare che, anche nel pieno rispetto di questi parametri,le vele che restano in configurazione o accelerano, lo fanno ugualmente.
Il rispetto di questi parametri ha invece, un'incidenza importante sul recupero dalla manovra e sul rientro ad un assetto di volo corretto.

Il problema nasce dal fatto che questa può oggi essere considerata una caratteristica dei mezzi volanti. Fin qui nulla da dire.
Purtroppo questa caratteristica si ritrova su ali che sono dedicate ad un pubblico di piloti ordinari o iniziali e questo sicuramente comporta un problema, in quanto si deve suppone che oggi anche l'istruzione basica dovrà attrezzare i futuri piloti a far fronte ad eventuali problemi di questo tipo.
Questo tipo di vele, che sono destinate ad una larga fetta di pubblico e soprattutto ai principianti, offrono numerose qualità positive: gonfiaggio facile, scarsa tendenza a sorpassare il pilota, grande escursione dei comandi, eccellente capacità di resistere alle turbolenze senza chiusure, riapertura autonoma se ciò accade, ammortamento del beccheggio.
A queste caratteristiche si uniscono una certa facilità di virata, buon tasso di caduta, tutto per facilitare anche i voli di lunga durata. Sono invece - a mio avviso - molto meno importanti per questo tipo di vele alcune caratteristiche che pur ci sono e che riguardano la performance pura: l'efficienza, la velocità accelerata (basta una velocità a braccia alte intorno ai 35 km/h).

A parte il dibattito sui materiali, l'insegnamento deve essere integrato per rispondere a queste nuove esigenze di pilotaggio, ma la realizzazione di una serie di 360° stretti e calibrati resta una manovra di una certa difficoltà, da affrontare progressivamente e con una certa coscienza. Naturalmente un'istruzione che oggi si impone (sempre in questo Speciale l'Istruttore Enrico Frigerio ci racconta l'esperienza di uno stage centrato solo sulla spirale) non deve e non può far dimenticare la possibilità da parte dei costruttori di lavorare sull'evoluzione, in modo che i mezzi del futuro possano anche ovviare a questi comportamenti.

Non solo, ma anche i termini di omologazione hanno un ruolo determinante, perchè a seconda delle caratteristiche che chiedono ai mezzi possono inibire o innalzare questa possibilità. Infatti la richiesta di un'elevata stabilità in tutte le situazioni e configurazioni è quella che per contro ha creato anche una certa inerzia nella spirale e di riflesse problema di cui così tanto dibattiamo oggi. Quello che possiamo fare in questa fase è dare un'informazione dettagliata su questo fenomeno, dire le cose per quello che sono e che cosa si può fare per prevenire il problema e per affrontarlo nel caso si presenti, sapendo che raggiungere tali valori di tasso di caduta in spirale non è cosa facile nè immediata.
La possibilità che questo si verifichi occasionalmente è un fatto del tutto eccezionale.

Nelle varie vele che abbiamo avuto modo di provare, abbiamo potuto verificare alcune cose. Anzitutto una che ci ha stupito: le vele volate le germente scariche (sempre nel range di peso previsto dall'omologazione, ma verso il minimo) restavano più facilmente in spirale neutra rispetto alla stessa vela caricata verso il massimo (questo naturalmente a parità di tutti gli altri parametri).
Alcune vele si mettono "classicamente" in neutralità in spirale (360° progressivamente stretti) ed altre solo se si entra in configurazione spirale velocemente.
Non è il caso di drammatizzare su questo problema della neutralità in spirale, ma bisogna dire che le ali più sicure del mondo non sono in effetti le più sicure in assoluto.
Certificazioni e omologazioni non sono una copertura anti-imbecille e questa prova dimostra la loro inadeguatezza al livello di pilotaggio.
Bisogna conoscersi, conoscere i propri limiti, il proprio materiale (ed essere curiosi del suo comportamento), provare più volte le manovre per imparare ad eseguirle correttamente.

CHE FARE? Con un aereo che stiamo imparando a pilotare non andremo mai a metterci in picchiata o in vite piatta negativa per vedere come si comporta; perchè farlo con il parapendio?
Immaginate un pilota che, volendo provare grosse emozioni, si mette in 360° stretto fino a portare la vela quasi orizzontale, centrifugata a 3G, con una velocità di rotazione superiore a 100 km/h...
Se riesce a resistere fisicamente a queste accelerazioni ed è in grado di uscire da questa situazione, meglio per lui, altrimenti...
L'essere sottoposti a tali forze centrifughe porta facilmente a perdere il controllo del mezzo ed arrivare fino a terra... gli incidenti occorsi di recente hanno riportato alla ribalta i rischi connessi all'esecuzione di 360° troppo stretti.

Vi citerò anche un piccolo aneddoto ma che è significativo: per varie ragioni ho avuto modo di parlare e frequentare spesso i migliori piloti del mondo dell'acrobazia internazionale.
Ebbene, alcuni di loro ho scoperto che non sopportano volentieri le accelerazioni, al punto che hanno escogitato altri sistemi per produrre la velocità che è loro indispensabile alla realizzazione di alcune manovre. Per eseguire queste figure acrobatiche, alcuni di loro hanno abbandonato la vite perchè giungevano all'ingresso della manovra con una lucidità non troppo alta, rischiando così di compromettere la manovra stessa. Se lo fanno loro...

Quando entriamo velocemente in un 360° stretto, l'accelerazione non è lineare; è progressiva fino ad un certo punto e poi aumenta di colpo in maniera esponenziale, in 2 o 3 secondi possiamo ritrovarci violentemente centrifugati ed è impressionante.
Ma non preoccupatevi: bisogna proprio volerlo per entrare in tale configurazione!
Le vele di oggi accelerano velocemente; un test pilot può mettere qualsiasi vela in vite a -15 m/s in due giri! Un pilota non troppo esperto può arrivare nella stessa situazione magari senza volerlo?
C'è una possibilità su mille, ma non è escluso. Allora attenzione, è meglio sapere cosa fare.

Qual è la reazione corretta se un giorno vi trovate centrifugati in una vite stretta?
Contrastare con il peso sulla selletta e il comando opposto, senza brutalità. Con una vela che non mostra nè instabilità nè neutralità spirale, potremmo rilasciare completamente i due comandi, in ogni caso se la selletta è adatta (cioè un modello scelto dal costruttore per quella vela, con una regolazione del ventrale corretta, vicina ai 42 cm generalmente prescritti). Ricordatevi: non tutte le sellette sono uguali, provvedete a regolare bene la vostra. Inoltre rammentate che non sempre l'uscita dalla vite è istantanea, occorre che le forze in gioco si smaltiscano e questo vuole dire tempo e spazio (è il caso di ribadire che la manovra deve essere eseguita con un'ampia quota di sicurezza?!).

Per meglio comprendere il fenomeno, bisogna sapere che l'instabilità in spirale non è sempre evidente da individuare, perchè molti sono i fattori in gioco che intervengono: una selletta diversa, un ventrale più o meno chiuso, freni mal regolati (troppo lunghi i troppo corti), incapacità di capire come li stiamo utilizzando (alcuni piloti pensano di aver le braccia alte e invece stanno ancora agendo sui comandi), il pilota che entra in configurazione e la cadenza in maniera asimmetrica... tutto questo può o meno far apparire la tendenza della vela a rimanere in spirale. Anche l'invecchiamento del materiale influisce, soprattutto se facciamo spesso delle manovre usuranti come possono essere i 360° stretti: a lungo andare la vela e il fascio funicolare possono subire delle deformazioni e trasformare il loro comportamento.

La vite -o spirale che dir si voglia - è una delle tante manovre di volo che devono essere imparate.
Per farlo occorre un apprendistato come per tutte le altre manovre, con i criteri di sicurezza specifici per questa manovra e con la gradualità del caso.
Non dobbiamo dall'oggi al domani trazionare il nostro freno 50 cm più in basso!
Ci dobbiamo arrivare per piccole fasi successive, progressivamente, sforzandoci di "ascoltare" quello che avviene, le sensazioni che proviamo, qual è il comportamento della vela nelle diverse situazioni.
Questo apprendimento inizia con la prima virata che facciamo, durante la scuola, e prosegue all'infinito. Prima di metterci in una spirale stretta, dobbiamo imparare a cadenzare bene una virata ed un cambio di traiettoria sull'asse di rollio, a mantenere il controllo sui tre assi in ogni condizione (gestione dello spazio e dell'altitudine), anche se l'ideale sarebbe prendere parte ad un SIV od uno stage proprio sulla vite, dove la progressione didattica e tutti gli elementi di sicurezza sono tenuti in debito conto e garantiti da professionisti e tolti alla nostra buona volontà.
Ogni volta che facciamo un giro più rapido del precedente, prima di fame uno ancora più accelerato dobbiamo controllare di essere in grado di uscire facilmente dalla configurazione così come l'abbiamo impostata. Arriviamo passo dopo passo a incrementare le nostre performances, senza saltare le tappe.

Ad ogni cambio d'ala, dobbiamo di nuovo applicarci nella scoperta progressiva dei comportamento del nuovo mezzo, tenendo conto dell'evoluzione dei materiali.

In conclusione, lo ripetiamo: avvicinatevi progressivamente alla manovra della spirale stretta, esplorando man mano le possibilità offerte dal vostro mezzo e che sapete o meno sfruttare; educate le vostre sensazioni.
Ponete attenzione anche all'aspetto del fastidio fisico che deriva dalla manovra e che è estremamente soggettivo; all'inizio la preoccupazione per la manovra nuova vi farà essere molto concentrati e la vostra capacità di resistere alle accelerazioni potrebbe essere deviata (la manovra risultare o troppo fastidiosa o non accorgervi che state accelerando troppo, salvo poi sentire di colpo gli effetti), ecco perchè è necessario fare diverse prove per valutare il vostro comportamento.
In conclusione, non penso che il fenomeno della neutralità in spirale sia insormontabile: in aereo è un fatto normale, il pilota viene educato a farvi fronte. Quando poi si vogliono modificare le sensazioni, andare oltre, si utilizzano mezzi adatti allo scopo e viene seguito un ulteriore training. Contrariamente a quanto pensano in molti, nel volo l'apprendimento non termina alla fine della scuola ma continua illimitato nel tempo. Ogni volta che arrivate a superare una tappa specifica (che presenta una componente di rischio) dovete porre attenzione alla progressione per arrivare alla successiva. Questo modo di agire aumenterà enormemente la vostra sicurezza. Ad ogni livello è possibile divertirsi e non è necessario fare delle viti a-10 m/s per volare in aerologie dalle condizioni accettabili. Siate realisti in rapporto alla vostra pratica e alle vostre ambizioni e non divenite vittime di certe "mode".

Mentre preparavo questo Speciale e chiedevo il contributo di conoscenza di molti professionisti e tecnici del settore, nonchè il parere di diversi piloti che hanno provato sulla propria pelle la sgradevole sensazione di trovarsi in una situazione che non avrebbero voluto conoscere, mi sono reso conto che c'è molta attenzione anche se alle volte, come detto nella premessa, si esagera un po'.

Soprattutto esiste una volontà generale di affrontare il problema per quello che è, cercando dove possibile di trovare soluzioni idonee ad ogni livello; stanno lavorando i costruttori, si stanno muovendo gli enti omologatori per le loro competenze, si aggiornano gli istruttori per quanto devono fare. E' però indispensabile che anche la conoscenza ed il livello tecnico dei piloti tutti cresca il più possibile, nella consapevolezza che non vi è strada migliore per la sicurezza che la crescita di capacità e conoscenza dell'individuo. Ecco perchè l'indicazione a tutti, bravi e meno, preparti e non, di andare verso un corso SIV, o almeno verso uno stage sulla vite.

QUALCHE CONSIGLIO PRATICO
Riprendiamo il nostro esempio: all'uscita dalla vite la vela non riprende il suo volo lineare, nemmeno dopo alcuni giri, ma resta in configurazione così come l'avevamo impostata, o peggio tende ad accelerare in modo significativo.
In entrambi i casi il semplice rilascio del freno non è sufficiente. a risolvere i problemi, anzi può per assurdo in qualche modo complicarli.
Si è creato una sorta di equilibrio di forze aerodinamiche che deve essere in qualche modo messo in discussione, rotto.
Su questo argomento le posizioni sono ancora contrastanti e le indicazioni diverse; ci limitiamo a riportare quanto suggerito al recente aggiornamento corso istruttori, sapendo che questo intervento è frutto anche dell'esperienza fatta dalla Commissione Sicurezza della Federazione Francese che da alcuni anni sta lavorando su questo aspetto.
L'intervento, durante il corso, tenuto da Sergio Calabresi è stato un elemento importante, che ha fatto molto discutere gli istruttori che si devono comunque adeguare ad una situazione che li pone al centro dell'attenzione perchè è da loro che dipende l'istruzione in questo ambito.
Ma vediamo cosa è stato detto.

Stabilità (o neutralità) ed instabilità in spirale
Contesto: durante una manovra di spirale innescata dal pilota volontariamente ed al momento di uscirne
Cause: sono innumerevoli e legate a:
- progetto dell'ala
- equilibrio o disequilibrio delle forze e della loro distribuzione, che di volta in volta si può venire a verificare in una simile situazione di volo
- struttura morfologica del pilota e posizione del suo baricentro in rapporto alla lunghezza dell'insieme del busto e del capo (in sostanza, dalla distanza esistente tra parte superiore del capo del pilota e piano di seduta)
- regolazione impropria del pettorale dell'imbrago (in generale peggiorativo se troppo aperto)
- distanza impropria degli attacchi degli elevatori del fascio funicolare dal piano di seduta dell' imbrago
- altezza complessiva del fascio funicolare in rapporto alle altre caratteristiche geometriche e fisiche del sistema ala/pilota
- peso del pilota in rapporto a determinate caratteristiche della manovra (spirale quasi verticale o meno, più o meno alti valori del tasso di caduta) - caratteristiche di manovra in spirale del sistema ala/pilota quali: maggiore o minore verticalità della traiettoria che sempre più si discosta da quella elicoidale; elevate velocità dell'ala sia in termini di velocità angolare sia in termini di velocità verticale

Conseguenze: al rilascio del comando interno da parte del pilota, si verifica un permanere dell'ala nelle condizioni di spirale stabile, o peggio si verifica un progressivo degenerare delle caratteristiche di comportamento. La velocità di rotazione aumenta, la traiettoria se possibile si fa sempre meno elicoidale e sempre più verticale, le forze in gioco ed in particolare quella centrifuga e quella centripeta aumentano, così come aumenta il tasso di caduta.

Azioni e rimedi: se la tecnica di uscita dalla spirale cui il pilota è assuefatto consiste nel solo rilascio del comando del freno interno, non appena egli realizza che all'azione non corrisponde una reazione adeguata dell'ala, è necessario che riporti il comando interno verso il basso temporaneamente ed inizi a trazionare progressivamente l'esterno, trasferendo nei limiti del possibile il proprio peso anch'esso all'esterno in contemporanea. Al determinarsi di un inizio di rallentamento della rotazione, che può non essere immediato ma richiedere un'ulteriore rotazione di almeno 360° se non di più, allora e solo allora il pilota potrà iniziare a rilasciare il comando del freno interno, in modo tale da trovarsi in condizioni di poter poi modulare la pendolata dell'ala in uscita completa dalla spirale. Può accadere che l'azionamento del freno esterno, in particolari condizioni e combinazione dei fattori su elencati tra le cause di comportamento anomalo dell'ala, causi addirittura un degrado delle caratteristiche della spirale, con peggioramento grave della situazione.
In tal caso, "a mali estremi estremi rimedi": sarà opportuno affondare con progressività e decisione il comando esterno sino a provocare lo stallo completo dell'ala.

Non presenterà facile soluzione la situazione che ne conseguirà, ma certamente ci si sarà allontanati da circostanze che, oltre ad essere drammatiche dal punto di vista meccanico e dinamico, possono in breve portare il pilota La perdita parziale o totale di conoscenza, inibendo qualsiasi possibilità di azione da parte sua.
Nei casi più "normali" (e di gran lunga più frequenti, per fortuna!), se al verificarsi di un comportamento di neutralità o di instabilità in spirale dell'ala, fa seguito da parte del pilota il trazionamento dei freno esterno - ancor più se coadiuvato da un trasferimento del peso verso l'esterno della rotazione - ne risulterà un rallentamento di quest'ultima come voluto, con possibilità di interruzione della manovra.
Sin qui abbiamo parlato di azioni da farsi in caso di verifica di comportamento neutro od instabile di un'ala all'uscita dalla spirale.
Per questa specifica manovra è indispensabile - in particolare agli istruttori - suggerire tecniche di insegnamento che risultino essere veri e propri rimedi al problema della neutralità o instabilità di comportamento di un'ala l'uscita dalla spirale. Perchè infatti attendere che si verifichi una tale eventualità di oraportamento per adottare tecniche appropriate? Tanto più che i fattori che determinano il verificarsi dì tale eventualità possono nel loro ìnsìeme sfuggire al controllo pilota. Allora i suggerimenti che debbono essere forniti in fase di addestramento sono almeno i seguenti:
• effettuando manovre di spirale, evitare di portare l'ala a volare su traiettorie prossime a quella verticale, permanendo quanto più possibile su traiettorie elicoidali, a costo di non poter raggiungere tassi di caduta estremi che, come si è visto, sono per questo aspetto assai pericolosi;
• far mente locale, prima dell'inizio della manovra, su quale sarà il senso di rotazione e su quale risulterà essere il comando esterno al senso dì rotazione. Durante una spirale, esiste una soglia (variabile da individuo a individuo) di perdita di percezione del senso di rotazione e di innesco di uno stato semiconfusionale (dovuti alla periodicità del moto ed alle accelerazioni sopportate). Avere chiaro in mento quanto sopra, può aiutare a non confondersi utilizzando erroneamente i comandi;
• una volta deciso di uscire dalla spirale, iniziare nell'ordine ed in rapida successione: a trazionare il freno esterno con gradualità, a trasferire nel limite del possibile il peso all'esterno ed a rilasciare il freno interno, in modo che i comandi raggiungano in contemporanea una posizione intermedia simmetrica, che permetterà il controllo degli eventuali pendolamene all'uscita completa dalla manovra;
• realizzare immediatamente eventuali anomalie comportamentali dell'ala e se esse non scompaiono immediatamente al progredire dell'azione intrapresa, considerarsi in una grave situazione di emergenza, dalla quale l'estrazione senza indugio del paracadute di soccorso è la via più breve e sicura da intraprendere per uscirne;
• tenere a mente che le fortì accelerazioni possono comportare l'instaurarsi di stati confusionali e/o di perdita di conoscenza, non solo con soglie diverse da pilota a pilota, ma diverse anche nello stesso pilota dipendentemente dalle condizioni psico-fisiche della giornata;
• utilizzare la spirale solo quando è necessario (o per addestramento sotto la guida di istruttore qualificato), con alti valori di quota disponibili o addirittura su superfici acquee laddove possibile, abituandosi ad alternare ad una sequenza di giri "stretti" ed accelerati (3 o 4) almeno un giro o due con raggio allargato e centrifugazione minore, a costo di ridurre comunque il tasso medio di caduta ottenuto durante l'intera manovra.
Questa tecnica, oltre ad indurre una maggiore familiarità con la tecnica da usarsi per uscire da una spirale, consente al pilota di valutare il comportamento della propria ala nelle varie situazioni ed inoltre gli consente di mantenere la capacità di totale controllo dell'ala in tutte le fasi di questa manovra.

Che cosa possiamo estrapolare da questo intervento?
Molte considerazioni ma io vi invito a concentrarvi su una in particolare.
Avete provato a chiedervi mentalmente quale è il significato di una manovra come questa? Avete provato ad immaginarvi in questa situazione? Bene io sì. E mi sono dato subito una risposta. Le mie possibilità di eseguire correttamente una manovra come questa sono scarse. Dunque non fatevi incantare dalle vostre capacità, siate molto modesti ed utilizzate un profilo basso nel valutare delle opzioni che potrebbero rappresentare un labile confine tra arrivare a terra sani oppure no.
Cercate di costruirvi un'istruzione capace ed importante, siate puntuali nel partecipare a dei corsi specifici e soprattutto fatte prevenzione evitando la vite quando inutile. Quando la eseguite, cercate di non raggiungere valori critici dove potrebbero verificarsi queste situazioni e se nonostante tutto questo ci arrivate, dopo un primo tentativo di uscire non abbiate nessuna remora a mettere mano all'emergenza - operazione che già non sarà più tanto facile data la forte accelerazione.

Non perdete tempo!


Dante Porta
[fonte: Delta & Parapendio]