Per volare in sicurezza




CAP 444
in viaggio verso sud


Martedì 21 giugno 88 - Mi alzo alle 6 del mattino, per colazione c'è del pane sulla tavola, ma sotto la stessa tavola sonnecchia il Piccolo Demone del volo-bivacco...

Oggi non ci sono con la testa: bilanci, altre pressioni, cifre d'affari, termiche, marketing, distanza, si mescolano in un susseguirsi frenetico che non favorisce certo un buon lavoro.

La giornata si annuncia troppo bella, alta pressione sull'Ovest della Francia con una simpatica e leggera brezza da nord... il Piccolo Demone si risveglia.

Eterno duello tra desiderio di volare e dover lavorare.

Da 10 anni l'uno e l'altro contano i loro morti, anche se il secondo spesso prevale: quante stupende giornate di termica ha già ucciso?

Quest'anno, a prezzo di alcuni sacrifici, conto di ristabilire l'equilibrio. Largo al volo!

Una breve telefonata a Roland Delez, nel Valais, conferma la mia idea di tentare una "discesa" nel Midi, verso sud.

Alle 13,30 sono al decollo di Le Saleve, che si trova vicinissimo al posto dove lavoro.

L'obbiettivo del giorno è di andare più lontano possibile in direzione di Grenoble.

Alcuni piloti di Annecy sono già in volo: il plafond è relativamente basso, sfavorevole al volo nelle Alpi.

Dopo il decollo nessun problema per guadagnare i 400 metri necessari per lanciarmi nel "deserto", cioè l'enorme pianura che circonda Le Saleve. Traversata ok.

Dopo Annecy un grossolano errore mi fa vedere l'atterraggio ("les vaches") da vicino.

Un caldo allarme che solo la fresca condensa, a 1700 metri, riesce a dissipare.

In lontananza, sulla cima arrotondata di Semnoz, vedo un aquilone a terra.

Avvicinandomi distinguo anche un enorme uccello che prende il volo proprio di fianco all'aquilone.

Mi viene subito in mente Rudy Kishazy e la sua aquila addomesticata (Breezy, una femmina di 5 anni con oltre 2 metri d'apertura alare).

Un brivido mi percorre la schiena al pensiero di questa amicizia uomo-uccello, dei numerosi voli in armonia in cui l'aquila si posa sull'aquilone.

Che ammirazione m'ispira Rudy, pioniere del delta e del looping, che per andare a fondo nella sua straordinaria esperienza preferisce la compagnia dell'aquila a quella degli altri piloti.

Esito pensando di atterrare, ma poi vi rinuncio per la paura di rovinare la festa.

Qualche chilometro più avanti un parapendio mi fa guadagnare tempo prezioso mostrandomi una buona zona d'ascendenza.

Da dove arriverà costui, seduto sul suo seggiolino, in una zona così pianeggiante?

Un cenno d'intesa ed eccoci di nuovo due piccoli punti l'uno per l'altro.

Le Revard, sopra ad Aix Les Bains, si passa sempre abbastanza facilmente, anche se il plafond non è tanto più alto della cima.

Generalmente a questo punto attraverso su Chambery verso il passo di Granier, La Chartreuse.

Con brezza da nord questo passaggio è ideale e, nell'84, partendo da Le Saleve, mi aveva permesso di atterrare a Montelimar.

Oggi il vento è da nordovest, quindi decido per la direzione Challes les Eaux, Pontcharra.

Le condizioni non sono più tanto buone.

Passo la Croce di Nivollet restandone un poco al di sotto.

Subito dietro grosse turbolenze e discendenze.

Il vario urla disperato, il suolo si avvicina.

Niente di troppo preoccupante, poichè in basso, presso l'aeroporto di Challe Les Eaux, ci sono alianti che girano e salgono. Più allarmante invece la situazione di un pilota d'aliante "arborizzato", con un'ala staccata ed il muso infossato tra le piante.

L'incidente è appena accaduto, c'è gente che accorre rendendo inutile ogni mio intervento.

Insieme agli alianti arrivo a 1200 metri. IL sempre molto turbolento, e non riesco a raggiungere il plafond prima della grande traversata della pianura e dell'Isere che mi separano da Pontcharra.

Non c'è scelta, bisogna andare.

Qualche termica qua e là, e dopo una mezzora mi ritrovo a 50 metri da terra, "appoggiato" su una collina che sovrasta il villaggio di... Soucy (Souci in francese significa pensiero, preoccupazione).

C'è da mettersene, con un vento locale di 40/50 kmh attraversato da bolle termiche troppo piccole e forti per essere sfruttate. La pianura è là dietro, ma sarà dura.

Coraggio vecchio mio, non tutto è perduto! Alcuni corvi m'incoraggiano saltando pazientemente con me di collina in collina, in un cocktail indefinito di dinamica e termica.

Finalmente, dopo oltre due ore di duello serrato, sudato ed affaticato gusto la vittoria nella rinfrescante base ("barbules") di un cumulo.

La Val Pelouse, il Deserto, si distende qui sotto ed all'orizzonte si vede la catena di Belledonne. Sono soddisfatto di me e di questa perfetta simbiosi con la mia complice ala.

È deciso: questa sera mi fermerò in bivacco per proseguire il volo domani; tanto peggio per la cena, ma sarebbe un crimine andare ad atterrare in pianura.

Il Piccole Demone gioisce profondamente.

Ancora qualche chilometro ed ecco il Grand Collett d'Allevard, dopo 5 ore e 30 ed 83 km da Le Saleve. Il posto mi piace, tanto più che il solo edificio in vista sembra essere un "bistrot". Un accattivante fumo mi indica chiaramente la direzione del vento e tranquillizza il mio stomaco, dato che non ho con me tante provviste. Sono le 19, le termiche sono alla fine e l'atterraggio non pone problemi, salvo che per la cabrata finale in cui il vento laterale mi fa girare di lato.

Ho sottovalutato le turbolenze originate da un monticello sopravvento; se non ho rotto nulla, ponendo una fine prematura alla mia avventura, è merito esclusivo delle due piccole ruote montate sulla barra, indispensabili in tali occasioni.

Il bistrot "Le Very" è in restauro, quindi eccezionalmente aperto. Florence mi confeziona un panino che, corroborato da un sano bicchiere di rosso, e dal volo del giorno, mi sembra una cena extra-lusso. Con sacco a pelo, armonica ed un vecchio libro nello zaino, faccio una camminata di un'ora e mezza verso il rifugio isolato"La Pierre du Carre", a disposizione degli escursionisti e... degli uomini volanti.

Castello delle vette, grandiosa e gratuita, questa capanna, come tutte le altre sparse nelle Alpi, simbolizza l'amicizia montanara.

Il cielo stellato promette, il ruscello gorgoglia, l'armonica tace, la candela si spegne: Morfeo ed il Piccolo Demone regnano sovrani...


Mercoledì 22 - Al risveglio sono sempre il solo a beneficiare dell'ospitalità.

La freschezza dell'acqua riduce le pulizie alla loro più semplice espressione.

Camminata di ritorno e trovo Florence che ha servito la colazione. In mancanza del caffè (non c'è elettricità) Patrick, il padrone, ha messo in tavola il vino rosso.

Non faccio il raffinato, anche perchè ho già addentato un panino al salame di Corsica piuttosto robusto; il tutto gentilmente offerto con l'accento locale (del Midi).

Arriva Gerard Geisler, la guardia forestale, col suo boxer Cerrus. Che personaggio meraviglioso, che traspira la calma, la semplicità, la natura e l'amicizia.

Mi stava cercando da un pò di tempo, avendo visto il mio aquilone aperto. Gerard è un vecchio pilota di delta e presto riprenderà l'attività. Mentre dividiamo un "pastis" (tipica bevanda francese) mi tornano in mente i cumuli; qualcuno si sta formando verso sud.

Dalla nostra parte, verso nordovest, è evidentemente meno buono, ma basta essere pazienti. Troppo abituato ai voli di un solo giorno, spesso sinonimo di caccia alla performance, dimentico la filosofia del Cap secondo cui bisogna "durare" piuttosto che sfavillare, volare sicuri e non correrer rischi.

Decollo alle 13, troppo presto, almeno di un'ora. Poco più tardi è la fine, l'atterraggio in un paese della vallata, Pinsot, in cui non trovereste uno spazio pianeggiante nemmeno per un tavolo da ping-pong. Chi troppo vuole nulla stringe! La desolazione si fa strada... lassù i cumuli si evolvono festosi, mentre il sole mi condanna in questo buco. In un inconscio bisogno di punizione, comincio a risalire a piedi, tirandomi dietro l'ala ripiegata che poggia sulle ruote del trapezio lasciato aperto. Non conosco la strada, così le mie illusioni svaniscono rapidamente. Senza un'auto non c'è nulla da fare. La lezione è dura: gli 83 km di ieri, così duramente ottenuti sono perduti; le mie speranze di avvicinarmi al CAP 444 restano a Pinsot. Un'anima buona si offre per far riprendere il volo al rondone.

Meravigliosa auto la Mehari, che non ha paura dell'ingombro del bagaglio, e si fa gioco delle buche e dei sassi. Al volante Jean Paul si entusiasma della fauna a della flora della sua region..

Man mano che saliamo il morale ritorna, l'avventura continua. Il punto di decollo è tutt'altro che ideale e necessita di una seria sistemazione.

Bisognerà comunque attendere una buona termica per evitare, avendo in tutto 2 metri di corsa, gli arbusti vicini.

Tutto va bene, sono le 17, e 10 minuti più tardi raggiungo il plafond a 2500 metri; la catena di Belledonne mi si offre.

Grazie Jean-Paul, dall'alto di questa nuvola che mi aspira il tuo bel villaggio ritrova il sorriso. Tutto torna ad essere bello, mi rammarico della mia reazione negativa davanti alle difficoltà.

Chamrousse mi attira, ma non mi soffermo, perchè, malgrado l'ora tarda (sono le 19) la termica è ancora sfruttabile. Piccolo brivido sulle gole della Romanche e mi ritrovo dall'altra parte, a 750 metri.

Grazie alla restituzione e ad una leggera brezza da nord risalgo nell'ombra del Grand Serre.

Il colpo d'occhio sui quattro laghi che bordeggiano la "Route Napoleon" è magnifico e le cime offrono tutto ciò che potrebbe chiedere un liberista errante.

L'atterraggio è perfetto.

Sono le 8 della sera e Pinsot si trova a 55 i m. Cammino fino a raggiungere la stazione invernale "Alpes du Grand Serre", che però è completamente vuota. Nemmeno un gatto, nemmeno un topo... c'è invece un cane bastardo che avvicina le sue zanne fino a pochi centimetri dal mio polpaccio.

Ha fame la belva; e io no? Per fortuna scovo una "creperie" deserta ma aperta.

Mentre Dany, la cuoca, prepara gli spaghetti, suo marito percorre la stazione morta per prepararmi un letto.

Jean Claude Moretto di letti ne ha 150, tutti vuoti!

Un legame d'amicizia s'instaura rapidamente con questo sportivo completo, guida alpina, campione motociclistico, che presto diventerà deltista e parapendista.


Giovedì 23 - Alle 10 sono già pronto vicino all'aquilone rimasto aperto, le condizioni si annunciano buone.

Con piacere osservo la formazione di piccoli cumuli sotto la partenza.

Senza fretta, a 50 metri ogni ora, si avvicinano alla cima che però esitano a superare.

Poi cambiano idea, decidono di avvolgere la Grand Serre, me compreso.

Inizia l'attesa.

Un'ora, due ore, tre ore passano, ma il plafond resta sempre sotto di me. Alle 17 chiudo tutto e rimando il volo all'indomani.

Torno alla stazione, da Jean Claude. Paradossalmente, nella nebbia profonda, il pomeriggio è trascorso piacevolmente: consacrato alla lettura, all'armonica, alla scrittura, allo studio pratico della trasformazione di un'ala in tenda ed infine alla botanica.

Lo studio dei fiori non è limitato alla contemplazione; si trattava di verificare l'affermazione degli abitanti del posto, secondo cui la masticazione di una cinquantina di pistilli di giunchiglia avrebbe provocato un effetto allucinogeno...

a parte i denti verdi, non ho visto nulla... i deltisti non si trasformeranno in ruminanti.


Venerdì 24 - Un telefono sul bureau mi riporta alla relatà.

Il Piccolo Demone è andato giù pesante.

Di solito restavo in contatto giornaliero. Era prima della febbre del volo-bivacco.

Bisogna fare delle scelte...

Le condizioni non sono ideali, ma buone. Si sta su bene, ma per fare distanza, con delle termiche così timide ed un plafond a 2400 metri siamo al limite.

Malgrado tutto ci provo con la consegna di rinunciare ad un altro bivacco se proprio non va.

Alle 15,30 atterro sopra La Mure.

Con l'ala legata alla meglio sulla sua minuscola auto, Jean Claude mi deposita alla stazione di Grenoble dove in qualche modo m'infilo, coi miei 3 metri di bagaglio, nel compartimento passeggeri.

Ho tutto il tempo di riesaminare con cura il mio grande volo, e gioire dell'esperienza acquisita nella prospettiva del grande tentativo del 18 luglio prossimo a Chamonix.

Torno sulla terra alla stazione di Ginevra. Il volo è finito, dopo quattro giorni.

Christiane, la mia sorridente sposa, mi recupera.

Sono raggiante, lei capisce...





Didier Favre

[Tratto da: L'aquilone n° 95 novembre 1988]



Pubblicheremo a seguire alcuni resoconti di piloti che hanno tentato il CAP 444.
Vi informiamo inoltre che la prossima estate (2004) effettueremo delle brevi esperienze di volo bivacco.
(n.d.r.)