Per volare in sicurezza



La chiusura
Tra i vari spauracchi che minano la tranquillità emotiva di chi vola e che possono oggettivamente creare situazioni di difficoltà, un posto di rilievo è occupato dalle CHIUSURE.

In particolare durante le prime tappe della carriera di un pilota, il problema delle chiusure è uno dei più temuti, vuoi per l'inesperienza che non consente di valutare in anticipo condizioni micrometeorologiche locali che possono favorire il fenomeno, vuoi per un affiatamento con la vela non ancora completamente maturato, per cui certi sottili segnali di preavviso che il mezzo trasmette non vengono ancora recepiti o correttamente interpretati, vuoi infine per l'insicurezza del pilota, per i dubbi che lo stesso nutre sulla propria capacità di gestire situazioni anomale.

Ma cosa sono poi queste chiusure, da cosa dipendono, come bisogna affrontarle e quanto bisogna realmente temerle, a quali conseguenze possono portare?

Col termine generico di chiusure intenderemo in questo contesto chiusure asimmetriche del bordo d'attacco, che sono quelle che possono essere provocate spontaneamente da fattori aerologici esterni anche senza un particolare impegno da parte del pilota per entrare in dette configurazioni.

Il parapendio è costituito da un materiale per sua natura tutt'altro che rigido ed è quindi facilmente soggetto a deformarsi sotto l'azione di forze esterne.

Cos'è che permette alla vela di assumere e mantenere la forma alare che la contraddistingue da "gonfia", tanto da consentirle di volare? La pressione interna ai cassoni che si viene a creare per effetto aerodinamico. Quindi è la pressione all'interno della vela che conferisce rigidità al sistema e l'ala potrà considerarsi tanto più rigida quanto più elevata è la pressione interna rispetto a quella che la circonda.

A questa differenza di pressione tra interno ed esterno contribuiscono la depressione che si crea sull'estradosso e la sovrapressione interna dell'aria "catturata" dalle bocche, che arrestando il suo moto relativo trasforma velocità in pressione (Bernoulli).

Cosa succede quando portiamo la nostra vela a volare in condizioni di massima velocità con comandi completamente rilasciati, trimm a picchiare e/o pedalina dell'acceleratore a fondo corsa? L'angolo di incidenza si riduce ai valori minimi ed in particolare noteremo che:

1 - la depressione sull'estradosso si attenua e si sposta all'indietro, verso il bordo di uscita; ne risulta una generale riduzione della differenza di pressione tra interno ed esterno e per questo la vela è quindi meno gonfia di prima; ma quel che è peggio, lo spostamento indietro della depressione penalizza in modo particolare la zona anteriore sopra il bordo d'attacco, proprio quella zona che più ha bisogno di essere ben gonfia per consentire una migliore azione penetrante.

2 - Le bocche ricevono l'aria non più frontalmente, ma "di striscio" e in definitiva riscontriamo che, sebbene la vela stia avanzando più velocemente, la componente della velocità relativa dell'aria nella direzione di ingresso contro le bocche, che a quella che interessa ai fini della sovrapressione interna, risulta più piccola e quindi l'azione "gonfiante" delle bocche è meno efficace.

Da queste considerazioni si vede chiaramente come una vela lasciata andare, tutta accelerata, si trovi in condizioni piuttosto labili per la difficoltà che ha a mantenersi in forma. Risulta quindi molto più sensibile alle turbolenze, a qualunque altra improvvisa azione esterna di disturbo, ed è molto più facilmente soggetta alle famigerate chiusure.

Basta infatti che l'effetto sgonfiante, che come abbiamo visto è più sentito nella zona del bordo d'attacco, provochi la chiusura di una singola bocca, ed ecco che questa non contribuisce più al mantenimento della sovrapressione interna: la già labile situazione di equilibrio si deteriora, una parte della vela perde la sua forma … ed ecco la chiusura.

Ma allora, dopo aver tanto insistito sul concetto velocità = sicurezza, ci ritroviamo qui a cambiare le carte in tavola con queste considerazioni che sembrano portare inequivocabilmente alla conclusione velocità = chiusure = pericolo?

Come sempre "in medium stat virtus" e la ricerca di un giusto compromesso dà anche in questo caso le migliori garanzie anche sul piano della sicurezza. Non dimentichiamo comunque che i rischi connessi con l'andare troppo piano, con lo stallo in agguato sono generalmente di gran lunga superiori a quelli relativi ad una andatura veloce e alle possibili chiusure incombenti.

Una tecnica di pilotaggio in sicurezza dovrà tener conto delle condizioni aerologiche esterne e adeguare a queste il concetto di velocità massima.

Non potremo in altre parole permetterci di volare a comandi completamente rilasciati senza "tenere" la vela quel tanto che basta per garantire all'interno dei cassoni una pressione sufficiente a fronteggiare le aggressioni provocate dalla turbolenza.

D'altro canto se stiamo volando in turbolenza, salvo il caso di un grossolano errore in termini di prevenzione, si presume che la nostra esperienza ed il nostro affiatamento con la vela ci consentano di interagire in maniera costante con questa, ci consentano di cogliere ed interpretare correttamente tutti i segnali, gli avvisi che ci comunica attraverso i comandi, attraverso la selletta.

Cosi, quando l'improvviso afflosciamento di un comando ci segnala il calo di pressione nella semiala corrispondente, questo ci preannuncia una possibile chiusura sulla semiala interessata. Il più delle volte con una decisa azione sui comandi per il tempo strettamente necessario a ristabilire l'equilibrio è possibile prevenire ed evitare la chiusura stessa.

L'azione sui comandi non fa altro che aumentare l'angolo di incidenza dell'ala, il che si traduce nel:

• favorire l'ingresso dell'aria attraverso le bocche

• riportare in avanti l'area su cui la depressione portante agisce, il che consente di mantenere in forma e ben gonfia la zona del bordo d'attacco che deve penetrare l'aria e resistere alle azioni turbolente esterne

Come si agisce sui comandi per prevenire la chiusura quando la vela ci comunica un pericoloso calo di pressione interna? Gli obiettivi sono due: mantenere la direzione di volo e rimettere in pressione la vela. Bilanceremo quindi l'azione sui due comandi allo scopo di non ottenere una indesiderata virata; l'impulso sarà deciso e modulato nel ritorno; scarso effetto sortiscono generalmente azioni convulse di rapido pompaggio con piccola escursione dalla parte chiusa.

E se la vela dovessere chiudere? Il nostro problema prioritario deve essere quello di mantenere o riprendere il controllo della vela e una vela si definisce controllabile quando il pilota è in grado di assumere e mantenere qualsiasi direzione voluta e successivamente atterrare in piena sicurezza.

Quindi prima di preoccuparci di riaprirla dovremo riprendere il controllo della traiettoria e ostacolare la tendenza dell'ala ad entrare in rotazione dalla parte che ha chiuso. Come?

1 - Evitiamo di violentare subito i comandi: cominciamo piuttosto spostando il peso del corpo tutto dalla parte aperta, per contrastare la tendenza ad entrare in rotazione. Molto spesso già questa azione è sufficiente a garantirci il controllo della traiettoria

2 - Se lo spostamento del peso non fosse sufficiente aiutiamoci dolcemente con il freno della semiala aperta per riprendere il controllo della traiettoria. Non dimentichiamo che una azione eccessiva sul freno potrebbe portarci in condizioni di stallo peggiorando decisamente la situazione

3 - Una volta ripreso il controllo della traiettoria normalmente l'ala, se non lo ha già fatto, si riapre da sola e se non lo avesse fatto potremo aiutarla con una azione modulata sui comandi.

Qual è l'errore più pericoloso che possiamo fare in caso di chiusura? Farci prendere dal panico ed ostinarci ad agire sul comando della semiala chiusa nel tentativo di aprirla, favorendo cosl il rischio di entrare in una insidiosa spirale.

Le chiusure in definitiva vanno innanzi tutto prevenute, imparando a cogliere i segnali e gli avvertimenti che la vela puntualmente ci invia prima chiudere. Se poi nonostante tutto dovessimo incorrere in una chiusura seria, ricordiamoci di riprendere il controllo della vela prima di tutto, prima soprattutto di affannarci per tentare di riaprirla.

Esiste infine la possibilità (fortunatamente non molto frequente) in cui una chiusura può metterci in una situazione particolarmente pericolosa: è quella in cui la vela si "incravatta" sui cordini, ovvero si attorciglia sugli stessi rendendo impossibile ogni tentativo di riapertura.

In questo caso, a meno che l'incravattatura non interessi una porzione assai limitata di vela rendendo possibile comunque la ripresa del controllo, non resta che una cosa da fare: tirare l'emergenza.